I migliori articoli riveduti e corretti con nuovi video: Le rivendicazioni del federalismo mettono in evidenza le necessità di ridiscutere della «questione meridionale» e del suo rapporto con l’identità


I migliori articoli riveduti e corretti con nuovi video: Le rivendicazioni del federalismo mettono in evidenza le necessità di ridiscutere della «questione meridionale» e del suo rapporto con l’identità nazionale


  • La «questione meridionale» è diventata una questione nazionale;

  • L’effetto delle migrazioni interne;

  • Le responsabilità politiche del dualismo sbilancio Nord–Sud;

  • Oggi è il nuovo Governo Berlusconi che ha la responsabilità del nuovo sviluppo meridionale.


Sulla mancata unità nazionale è stato spesso steso un velo di silenzio quasi se fosse sconveniente parlarne. Fino a qualche tempo fa la scarsa integrazione culturale tra Sud e Nord italiano era una specie di tabù della cultura italiana. Di recente, invece, e precisamente da quando sono scese in campo forze politiche capaci di interpretare e rafforzare il desiderio di molta parte degli italiani alla separazione dell’Italia e alla realizzazione del federalismo, le cosiddette «questione meridionale» e «questione settentrionale», sono divenute le due facce di un’unica medaglia. La questione meridionale è stata da sempre il banco di prova dell’unità nazionale e il mancato superamento del dualismo è il segno del fallimento storico delle classi dirigenti che si sono avvicendate nella guida del Paese da ultimo Capo di Governo l’On. Prodi. C’è da chiedersi, anzi, se il superamento del dualismo sia stato veramente in qualche fase della storia unitaria un obiettivo primario della classe dirigente, oppure questa non si sia limitata alla semplice gestione di tale dualismo e, in molti casi, a trarre vantaggio dalla sua persistenza. D’altra parte, dalla creazione di un mercato nazionale in una situazione di perdurante dualismo qualcuno avrà pur tratto vantaggio. Lo hanno fatto i proprietari terrieri del Mezzogiorno che nei primi decenni dell’unità nazionale hanno preferito trasferire il loro capitale al Nord dove era possibile realizzare maggiori guadagni. Lo hanno fatto gli industriali del Nord che hanno considerato il Mezzogiorno un’immenso serbatoio di forza lavoro a basso costo per le loro industrie, senza parlare del fatto che il Mezzogiorno ha in ogni caso rappresentato un mercato di sbocco dei loro prodotti. La creazione dunque di un mercato nazionale ha dato luogo ad uno sviluppo squilibrato e aggravato le differenze già presenti al momento dell’unità nazionale.


Il vento del Nord



Tra tutti, l’effetto delle migrazioni interne è il più evidente. Le migrazioni, lo sappiamo, sono processi selettivi: chi emigra appartiene a quella parte di popolazione maggiormente dotata di spirito d’avventura e d’iniziativa, coloro che non si rassegnano ad una vita di stenti e soprusi, coloro che vogliono «tentare la fortuna», anche a costo di allontanarsi per sempre dalle proprie radici, coloro che non rinunciano al desiderio di cambiare il proprio destino. Tra coloro che restano, invece, tendono a prevalere i caratteri opposti soprattutto perché è difficile sostenere una lotta in regioni dove tutto funziona male, dal lavoro, che se hai la fortuna di trovarlo di solito sei costretto sempre ad accettarlo in nero e senza le regole d’inquadramento, le istituzione governative fino a adesso ha sempre saputo e mai intervenute con ferme decisioni di stroncare l’affare degli imprenditori disonesti e senza scrupoli. Di conseguenza, le popolazioni meridionali si sono progressivamente impoverite delle loro forze migliori. E non si tratta solo di forza lavoro poco qualificata na anche e soprattutto di élite. Non sono stati i contadini, i braccianti senza terra a fare le valigie ma anche migliaia di laureati, di tecnici, di professionisti. Il Nord non sarebbe, nel bene e nel male, così come è oggi, e lo stesso si può dire del Mezzogiorno, de non ci fosse stato un secolo e mezzo di storia unitaria segnata dalla «questione meridionale». Bisogna allora chiedersi come mai tante energie si sono allontanate dalle loro regioni di origine invece di darsi da fare per modificare le condizioni della loro terra.


Il Ritorno dei Gladiatori


Non si può purtroppo rispondere in poche righe a questa domanda, ma sta di fatto che le elite del Nord – prima tra tutte quella «capitanata» da Giolitti (politico italiano considerato uno dei pochi statisti della storia d’Italia, leader del liberismo moderno) – hanno preferito allearsi con le forze più retrive e conservatrici del Mezzogiorno, congelando in quelle regioni rapporti di potere soffocanti. Se dopo più di un secolo e mezzo di storia unitaria il dualismo Nord–Sud è rimasto ciò vuol affermare che chi avrà tratto vantaggio dalla sua perpetuazione hanno dominato i processi profondi dell’economia italiana, senza voler affrontare i nodi fondamentali alla base dello squilibrio sociale e culturale.


La Piovra – 1


L’immagine dell’On. Bossi (Lega Nord) di un Nord produttivo e di un Sud parassitario non è quindi del tutto sbagliata: è sbagliato attribuire questa situazione alle virtù dei settentrionali e ai vizi dei meridionali. Il Nord è produttivo e il Sud parassitario in quanto le classi dirigenti, come avevamo affermato prima, hanno tratto profitto da tale dualismo. Ma con ciò hanno perpetuato la disunità d’Italia e rifornito l’arco di Bossi delle frecce necessarie per lanciare oggi il loro attacco all’integrità del Paese. In Italia non si verrà mai a capo di nulla se non si considererà la questione meridionale e il superamento del dualismo Nord–Sud come obiettivo primario del suo rinnovamento politico e sociale.


La Piovra – 2


L’esperienza italiana insegna che di fronte al dualismo si presenta forte la tendenza a tamponare la situazione con misure assistenzialistiche, trasferendo in altre parole le risorse che non servono a stimolare lo sviluppo produttivo, bensì soltanto la domanda dei consumi. Il trasferimento di risorse tra Nord e Sud, prodotto dal prelievo fiscale, non avrebbe scatenato nel Nord la stessa protesta fiscale anti statalista della Lega, se il risultato fosse stato l’innesco di un processo di sviluppo locale. La protesta nasce, invece, dalla convinzione che ogni euro spesa dallo Stato nel Mezzogiorno cada in un pozzo senza fondo, dove a trarre vantaggio sono le clientele politiche, l’imprenditorialità illecita e la criminalità organizzata, piuttosto che lo sviluppo. Da qui ha origine la convinzione del Nord produttivo e del Sud parassitario. Essa peraltro, è palesemente ingiusta nei confronti del Mezzogiorno. Chi abbia avuto modo di osservare da vicino la realtà meridionale non, può non essersi accorto che nel Sud, nonostante tutto, negli ultimi tempi, qualcosa è cambiato: è stato avviato un processo di modernizzazione culturale, e i giovani meridionali hanno cominciato a guardare di là dei confini della propria realtà; l’associazionismo e il volontariato sono fenomeni in crescita, mentre il fatalismo secolare, in declino. Pertanto è da ritenere che sia arrivato il momento in cui questo nuovo Governo (Berlusconi) si assuma la responsabilità della questione dello sviluppo nazionale riequilibrando quella condizione di svantaggio che in passato è stata cinicamente auspicata.

Articolo postato sul Blog di alessio.101 e l’argomento di questa pagina rimane solo come un pensiero personale e non politico, i filmati sono stato tratti dal rete web, Salerno, 25 febbraio 2009. http://www.sportcinema.it


I migliori articoli riveduti e corretti con nuovi video: Le rivendicazioni del federalismo mettono in evidenza le necessità di ridiscutere della «questione meridionale» e del suo rapporto con l’identitàultima modifica: 2009-02-25T01:27:29+01:00da airone2124
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