Napoli e la storia delle fontane: gli acquedotti e le sorgenti di Napoli – Le origini degli acquedotti e sorgenti di Napoli – Le Fontane di Napoli – Capitolo 2


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  • Napoli e la storia delle fontane: gli acquedotti e le sorgenti di Napoli.

  • Le origini degli acquedotti e sorgenti di Napoli.

  • Fontane di Napoli – Capitolo 2.

  • Salerno 30 dicembre 2007 by Aurelio De Rose, edito dalla Newton Compton editori s.r.l.


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L’acquedotto della Bolla che è il più antico e ha origine dalle colline di Cancello nel casertano e attraversando la pianura denominata appunto Bolla o Volla da cui trae il nome, attraversando condutture e cunicoli, giungeva nella zona di Poggioreale detta Stadera, anticamente (Casa dell’Acqua). Da questo luogo si diramava in un primo momento solo in alcune zone cittadine come il Mercato, Loreto, Annunziata, Dogana, fino a Cappella Vecchia. L’antichissima origine di questo acquedotto è avvalorata anche dall’episodio storico che vuole protagonista Belisario, che nel 537 d.C., volendo impossessarsi della città per scacciare i Goti, dovette farlo attraverso l’acquedotto Claudio che fece poi distruggere, ma che in minima parte raggiungeva Napoli; malgrado ciò i napoletani non soffrirono la sete per l’esistenza dell’acqua del Formale o Bolla più che sufficiente alle necessità. Altro episodio è quello che vede protagonista Alfonso I d’Aragona quando il 2 giugno del 1442 dopo un lungo assedio attraverso i cunicoli sotterranei di un pozzo, detto di S. Sofia, che si trovava all’interno delle cinta muraria, accanto alla chiesa dei SS. Apostoli, e alimentato dalla Bolla, fece ingresso con le sue truppe conquistando il regno. Successivamente, nel primo periodo vicereale dal 1503 al 1530, l’accresciuta popolazione, una precedente epidemia di peste nel 1528 e il nuovo assetto urbanistico della città, fecero sì che don Pedro di Toledo ne decidesse un ampliamento, ei lavori furono affidati all’ingegnere Antonio Lettieri, il quale pensò di riattivare l’antichissimo acquedotto Claudio che, per le distruzioni subite, aveva sempre avuto scarsa importanza. Fu così possibile portare altra acqua alla città e fornire zone come la Vicaria, i Tribunali, Forcella, Foria, Toledo, Palazzo Reale e S. Lucia. In relazione all’epidemia di peste, bisogna dire che anche in quell’occasione l’acquedotto ebbe un significativo episodio da ricordare. Era il 1528, e vicerè era Filiberto di Chalons principe di Oranges. Le truppe francesi guidate da Odet de Foix signore di Lautrec tentavano di impossessarsi del regno per conto di Francesco I di Valois e assediarono la città. Accampatasi nella masseria del duca di Montalto che era dislocata sopra una collina al di fuori di porta Capuana, tentarono invano di entrare nella città. Anche il Lautrec pensò di costringere per sete alla resa gli Spagnoli dopo che questi in una sortita notturna li avevano depredati di tutti i cavalli. Quindi decise di distruggere l’acquedotto della Bolla che attraverso i giardini di Poggioreale raggiungeva la città. La mancanza d’acqua però colpì maggiormente le truppe francesi e causò anche l’epidemia di peste e la morte dello stesso Lautrec e dei suoi soldati che vennero sepolti sul luogo. L’accrescere della popolazione e della città, che aveva visto l’ampliamento durante il periodo del vice regno di don Pedro di Toledo, non aveva risolto il problema per la poca utilizzazione che il Lettieri fece dell’acquedotto Claudio. Per cui durante il governatorato del vicerè don Antonio Alvarez di Toledo duca d’Alba nel 1627, subito dopo il terremoto del 1626 che aveva acuito con danni la maggiore necessità d’acqua, si provvide a convogliare nella città quella del fiume Faenza poco distante da S. Agata dei Goti che comprendeva varie sorgenti.



La costruzione avvenne da parte dell’ingegnere Alessandro Ciminiello e a spese del patrizio napoletano Cesare Carmignano . Il contratto che questi stipularono prevedeva che i costi dalla sorgente fino a Casalnuovo fossero sostenuti dai due soci mentre i lavori da quel luogo a Napoli erano a spese della città. Nello stesso tempo i guadagni successivi alla vendita dell’acqua si sarebbero divisi tra i contraenti. L’acquedotto prese il nome quindi del Carmignano e poté alimentare numerose fontane e diversi mulini come quelli di “Porta S. Gennaro”, “dei Miracoli”, “dello Spirito Santo”, “della Carità”. Riunendosi poi con quella della Bolla, alimentava anche la parte della città che comprendeva la Villa. Altro discorso è invece quello dell’approvvigionamento delle zone collinari che fin quando non fu costruito, come vedremo, l’acquedotto del Serino, facevano uso delle acque piovane raccolte nelle cisterne. La più famosa è quella che venne costruita in Castel S. Elmo dall’architetto Pier Luigi Scriba nel 1538 sempre per volere di don Pedro di Toledo, che per la sua capienza poteva sopportare un assedio di sei anni. Accennavamo prima all’acquedotto del Serino, anche per questa costruzione, va ricordata la precaria situazione igienica della popolazione. Infatti Marino Turchi scriveva: «Dopo il 1866 (epidemia di colera) poco o nulla è stato fatto per la sanificazione della città. La quistione delle acque è rimasta tale e quale fu solo dopo le spaventose epidemie del morbo del 1873 e 1874 che, nel 1881, si iniziarono i lavori alla presenza di re Umberto I, della regina Margherita, del cardinale Sanfelice e dell’allora sindaco Nicola Amore, dell’acquedotto progettato dall’ingegnere Giacomo Profumo il quale utilizzò la sorgente di Serino che attraversò Cancello convogliando le acque in due grandi serbatoi allo Scudillo e Capodimonte. L’ultimazione di questi lavori avvenne nel 1885 quando vi fu l’inaugurazione che vide protagonista la piazza del Plebiscito, dove da una fontana circolare di grande ampiezza costruita da Federico Travaglini si fece zampillare la nuova acqua con un potente getto. L’asse di diramazione di questo acquedotto, unendosi ai precedenti, attraversando i vari quartieri dava il nome ai sottostanti pozzi e canali e ciò è ricordato dal contributo lasciato dall’ingegnere Guglielmo Melisurgo che, appassionato ricercatore, si premurò di seguire nel sottosuolo i vari collegamenti esistenti. Tale esperienza nacque dal fatto che precedentemente, il 15 agosto 1884, una nuova grave epidemia di colera si era abbattuta sulla città e le cause principali venivano attribuite alla poca potabilità dell’acqua. Infatti la scrittrice Jessie White Mario scriveva: «Ben si disse nel 1884 che “in Napoli il colera si beve”». Esaminate le acque qualche mese dopo l’epidemia, furono trovate tutte, tanto quelle dei corsi Carmignano e della Bolla, quanto quelle dei pozzi e delle cisterne, contaminate di ogni specie di luridume, in mezzo a cui pullulavano infinite miriadi di microbi patogeni. Melisurgo quindi, desideroso di conoscere la Napoli sotterranea ma, nello stesso tempo poiché era in carica come responsabile dell’Ufficio Tecnico Municipale, volle verificare il sottosuolo per stabilire se e quali fossero le cause dell’epidemia e dove e come avvenivano le eventuali infiltrazioni d’acque scure. I percorsi che egli seguì oltre a essere dettagliatamente descritti, furono, come abbiamo detto, personalmente ispezionati e successivamente pubblicati in un libro nel quale fra l’altro si legge: «… l’acqua di alimentazione era tutta inquinata per una cumunanza che esisteva tra gli acquedotti e le vasche d’acqua potabile e le fogne, al punto che le disinfestazioni con acido fenico, inquinarono le acque potabili e quelle del sottosuolo anche usate per gli usi della vita». Certamente la situazione migliorò al punto che nel 1891 la White Mario scriveva ancora: «Quanto è grato il popolo napoletano per questo beneficio, non si può credere. Non uno che non ci ripetesse: “Abbiamo l’acqua, l’acqua buona, l’acqua abbondante”». Da allora ad oggi, poco è cambiato e tra siccità, perdite e inquinamenti vari, l’acqua per napoletani è diventata sempre più preziosa. Nel prossimo capitolo, cioè il terzo a seguire, la storia continua con la descrizione di alcune “Fontane più belle di Napoli” che la storia di questa città ricorda arricchite sempre da fotografie e Videoclip circolanti nel Web, un arrivederci Alex.


L’argomento è stato tratto dalle “Le Fontane di Napoli” © 2007 by Aurelio De Rose edito dalla Newton Compton editori s.r.l.


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Napoli e la storia delle fontane: gli acquedotti e le sorgenti di Napoli – Le origini degli acquedotti e sorgenti di Napoli – Le Fontane di Napoli – Capitolo 2ultima modifica: 2008-09-13T01:11:15+02:00da airone2124
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