(001) – I Castelli in Campania: Le fortificazioni – Salerno, il Castello Arechi


I CASTELLI IN CAMPANIA: LE FORTIFICAZIONI

INTRODUZIONE AI CAPITOLI


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Nel percorrere la Campania non è raro imbattersi in castelli o torri di varia mole e consistenza, sia restaurati che in perfetta efficienza, sia diruti che allo stato di rudere. Talvolta solo qualche pietra ricorda al visitatore che in quel luogo vi su un castello, una fortezza dalla remota origine, poiché purtroppo l’opera distruttrice dell’uomo e quella saldatrice del tempo ben poco ci hanno lasciato di questo genere di architettura. Se qualcosa rimane è dovuto all’amore e all’interessamento di pochi che desiderano mantenere in vita queste vestigia del passato sia per ricordare le proprie origini, sia perché non venga dimenticata la storia di paesi e luoghi. La maggior parte di questi monumenti sono oggi in uno stato desolante; eppure, anche se alcuni di essi non sono che ruderi già da secoli, meriterebbero tuttavia di essere protetti se non altro per mettere agli studiosi di recuperare attraverso lo studio delle loro stratificazioni un piccolo contributo, una evidenziazione che serva ad inserire nelle notizie sull’opera tutto quanto sia possibile. Nel trattare questo tipo di architettura, come fortificazione, la storia ne diventa parte integrante e primaria, in quanto la vita di quel castello o di quella torre, di quel rudere o di quelle pietre sono, oltre che impregnate, motivate, dalla storia dell’abitato che dominano. Essendo questi castelli e queste torri costruiti in genere come residenza fortificata dei feudatari, essi furono eretti in luoghi la cui posizione facilitasse l’osservazione e la difesa. Per tali motivi, inoltre, ogni edificio fortificato veniva munito di torri e mura di cinta. Ci sembra superfluo ricordare che non soltanto in Italia o nella nostra Campania si sviluppò questa architettura che si potrebbe chiamare militare, poiché già nel secolo VIII a. C. nel lontano Curdistan, l’antica Assiria, storica regione dell’Asia Minore, sorgeva il maestoso castello del re Sarymkin, tralasciando le imponenti magioni fortificate che ricorda Omero nella sua Odissea (VII), come quella del re di Atene e di Ulisse re di Itaca con tutta la sua leggendaria storia mitologica.

Informazioni sul video allegato: La città più bella del mondo una panoramica ripresa della mia città, un ringraziamento all’autore kakakakkio.

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Ricorderemo comunque che sulla costa della Campania, l’antica Opicia, sorsero le maggiori città della Magna Grecia; le fortificazioni campane del periodo longobardo, poi, acquistano un immenso interesse, anche se in esse fu impiegato materiale romano di epoca imperiale che servì, a volte, alla loro strutturazione statica e fondamentale. Le imprese barbaresche e le scorrerie saracene dalla Sicilia sulle coste tirreniche costrinsero gli abitanti a crearsi una linea difensiva. I saraceni, arabi che provenivano dall’Africa settentrionale, dopo aver occupato la Sicilia, verso la metà del IX riuscirono a stabilirsi sulle coste del meridione d’Italia. Dopo la discesa dei normanni fu iniziata la costruzione di opere di notevole interesse, alcune delle quali ancora oggi possono essere per fortuna essere ancora ammirate, quantunque in uno stato precario. I normanni perfezionarono questo tipo di architettura e le opere assunsero un carattere tipico avendo il compito precipuo della difesa. Il popolo si stringeva intorno a questi luoghi fortificati, poiché castelli e torri che in tempo di pace ospitavano signori e cavalieri, pulzelle e trovatori, menestrelli e giullari, al momento del bisogno diventavano fortezze dove il castellano o il signore accoglieva il suo popolo per proteggerlo, insieme ai suoi familiari e ai suoi averi, a volte senza nemmeno richiedere l’aiuto armato del sovrano. Finché non fu inventata la polvere da sparo e le armi da fuoco, per assalire un castello gli attaccanti si fornivano di piccone, di ariete e di scale. Coloro che attaccavano un forte avevano come obbiettivo primario quello di superare le mutazioni o di abbatterle, perciò il castello aveva sempre delle mura fortificate e a volte protette con ferro, mentre dai bastioni e dalle torri gli uomini che occupavano il maniero contrattaccavano per difendersi. Le porte della città o del feudo, con relative mura, potevano venir facilmente abbattute o superate, e per evitare ciò nella parte inferiore venivano costruite scarpate chiamate «barbacane» che furono ulteriormente sviluppate dopo l’invenzione delle armi da fuoco.

Informazioni sul video allegato: Foto di Salerno una panoramica ripresa della mia città, un ringraziamento all’autore Edworld91.



Sin dal secolo IX gli abitanti di Amalfi, Sorrento, Napoli e Gaeta si organizzavano per opporre una consistente difesa agli assalti dei barbareschi che, oltre a depredarli di ricchezze e masserizie, conducevano seco in schiavitù quanti riuscivano a far prigionieri. Agropoli, Salerno e Benevento cercarono di unirsi, ma non riuscirono ad opporre una valida difesa, sì che le incursioni dei saraceni provenienti dalla Calabria avevano quasi sempre un esito tragico. A causa di queste scorrerie i normanni, gli svevi e gli angioni, e in seguito gli aragonesi e gli spagnoli perfezionarono l’architettura fortificata. Anche se queste costruzioni non differiscono nei caratteri principali da quelle dei secoli precedenti, si adeguarono e si svilupparono i principi di difesa, con la costruzione di muri verticali, cortine ricche di merlature e principalmente di torri, anche se non di tipo cilindrico. Per i nostri castelli, preciseremo che i più antichi, quelli longobardi, sono quasi tutti allo stato di rudere; quanto sino a poco tempo fa esisteva nel beneventano è stato distrutto dall’esercito germanico nel 1943. Nell’avellinese e nel salernitano, invece si notano ancora alcune torri quadrate volute dai normanni. Del periodo svevo è tipica la costruzione del castello di Cancello, nei pressi di Napoli, mentre a Maddaloni e nel Cilento i torrioni angioni ricordano le maestranze provenzali che seguirono nel napoletano quella casa regnante. Spesso dobbiamo accontentarci di vedere com’erano i nostri castelli dai dipinti e disegni sparsi nei musei, molti dei quali son dovuti agli artisti che fecero parte di quel tempo. Per quanto rimane, l’opera di tutela è molto scarsa: è indubbio che è molto difficile operare, ed operare bene, ma l’abbandono in cui versa la maggior parte di queste opere è tutto a discapito dello studio e dell’informazione di questo grande patrimonio culturale che la storia ci ha lasciato.

Informazioni sul video allegato: Il Castello Arechi una panoramica ripresa della mia città, un ringraziamento all’autore castershila.



Esamineremo brevemente I maggiori castelli della Campania, iniziando da Salerno per proseguire in ordine sparso in tutte le altre province della nostra regione. Il nostro esame ha una ben definita angolatura: quella storica. Lasciamo ai tecnici, feroci difensori delle loro preghiere «messianiche» interessarsi dell’esame tecnico di questa arte castellana.

SALERNO: IL CASTELLO ARECHI

L’antico castello dall’alto del monte Bonadie accoglie chiunque giunga nella città; esso fu fondato dai romani − ci informa Stradone − insieme ad un complesso di fortificazioni per opporre un valido baluardo alle offese della rivale minus; Picentia, sostenuta da Annibale. Salerno fu una delle più importanti colonie romane sin dal 192 a. C. anche Tito Livio parla del Castrum Salerni. Quanto rimaneva delle fortificazioni romane fu restaurato ed ampliato dai longobardi per i quali la città era molto importante, rappresentando l’unico sbocco sul Tirreno del ducato di Benevento. La storia medievale di Salerno fu travagliata come e più di quella delle altre località sulla costa; fu soggetta agli attacchi dei saraceni, e riuscì a sconfiggere il ferocissimo Abdila, che in questa impresa perse anche la vita. Dopo la sconfitta di Desiderio, re dei longobardi, Arechi II elesse a principato indipendente il ducato di Benevento, e nominatosi principe si stabilì a Salerno. Egli restaurò ancora il maniero, che erroneamente porta ancora il suo nome, e vi ospitò una corte veramente principesca, presieduta dalla consorte Adelberga, nella quale emergevano dotti e letterati insigni. La minaccia di Carlo Magno spinse questo principe a fortificare maggiormente il castello, arricchendolo di quattro torri congiunte tra loro, ciascuna delle quali con parapetto merlato: i principi che gli successero fecero poi costruire altre torri sulle colline circostanti e resero ancora più sicuro il maniero, che infatti poté resistere per circa un anno agli attacchi del Guiscardo. Gisulfo II, che fu l’ultimo principe longobardo, difese la sua indipendenza dalla prepotenza dei normanni comandati dal cognato Roberto d’Altavilla Guiscardo, detto lo Scaltro, ma infine Salerno, che era difesa tanto valorosamente, fu presa per tradimento; il Guiscardo infatti fu informato che esisteva un passaggio segreto che collegava il castello al Forte San Giuseppe, che fu poi soprannominato Carnale per i cadaveri che vi erano stati ammonticchiati. Durante il regno del Guiscardo il castello fu alquanto trascurato: passò poi a Ildebrando che vi organizzò la prima crociata contro i turchi; alla sua morte questi fu tumulato nella chiesa di S. Matteo, Durante il conflitto fra Tancredi, oppose una disperata resistenza, ma infine, come ricorda il cronista Ottone di Frisiga, costretto ad arrendersi, fu distrutto insieme alle mura della città. Il forte, ricostruito, appartenne poi per qualche tempo alla famiglia Quaranta, entrata nella storia salernitana per merito di un suo personaggio che si era guadagnato questo nome per una sua avventura. Mentre questo nobile salernitano difendeva una porta della città attaccata dai saraceni, gli si presentarono quaranta pellegrini di ritorno dalla Terra Santa che chiedevano di combattere contro gli infedeli: il cavaliere li accolse a braccia aperte, e quando gli arrise la vittoria fu chiamato il «Cavaliere delli Quaranta». Nel periodo svevo il castello fu oggetto delle cure di Federico II, che provvide ad ampliarlo e a fortificarlo con armi e munizioni elevando il numero dei serventi a 30unità. Con la venuta di Carlo I d’Angiò, e poi del suo successore, furono presi provvedimenti atti a garantire la funzionalità della torre maggiore: re Carlo dispose che venissero effettuate importanti riparazioni sia alle torri che alle mutazioni a spese dei cittadini salernitani e dei paesi viciniori e nominò castellano Giovanni Pagano. Il figlio di Carlo II fece effettuare ancora altri lavori alle altre torri e alla torre maestra, alle cisterne e alla travatura, sempre a spese del popolo. Dopo l’assassinio di Andrea d’ Ungheria consorte di Giovanna I, il fratello Ludovico, re d’Ungheria, giunto a Salerno, dopo aver reso omaggio alle spoglie del santo patrono in cattedrale, disse di voler prendere il forte pacificamente, acquistandolo. Egli pattuì quindi col castellano un prezzo di mille fiorini, ma mentre si portavano a termine le trattative, la soldataglia magiara si diede a tali violenze da costringere il popolo a lasciare la città, ed a riparare sui monti. Alla morte di Carlo III di Durazzo, la regina Margherita e poi il figlio Ladislao si occuparono molto di questa città, anzi la regina volle stabilirsi facendosi costruire un altro castello che fu chiamato «di San Benedetto»; in conseguenza il vecchio forte perse di prestigio e di dignità. Giovanna II di Durazzo lo concesse poi a Giordano Colonna, ma alla morte di papa Martino V passò immediatamente alla Corona. Durante la dominazione aragonese il castello passo a Felice Orsini e poi alla famiglia Sanseverino fino a quando il duca di Eboli Nicola Grimaldi lo chiese in feudo a Filippo II di Spagna; in seguito, nel 1590, l’intera città divenne proprietà del demanio. Il castello di San Benedetto, intanto, quello cioè costruito da Margherita di Durazzo, era divenuto un monastero benedettino. Nel periodo vicereale, sotto Pedro de Toledo, si effettuò un felice restauro del castello principale, e poiché sul litorale salernitano si verficavano incursioni piratesche, il vicerè Parafan de Rivera fece costruire delle altre torri di difesa e da osservazione, che scaglionate lungo il litorale, servirono al momento opportuno in modo eccellente. Quando la città nel 1648 subì l’attacco della spedizione dell’armata francese al comando di Tommaso di Savoia, il forte partecipò alla battaglia: era allora vicario reggente il duca di Martina Francesco Caracciolo. Poiché l’assedio dei francesi era incalzante, si chiamarono dei rinforzi che, giunti al comando di Muzio Genovese e Stefano de Rosa, contribuirono a sventare le mire del nemico. Sotto i Borbone il castello non fu curato come sarebbe stato auspicabile, ma nel periodo della Repubblica Partenopea del 1799 prese viva parte ai movimenti rivoluzionari difendendosi dagli attacchi della fregata inglese Zeolus sotto il comando del castellano Francesco Moliterni. Durante il decennale francese il castello fu ancora trascurato ed al principio del secolo XIX gli fu tolta qualsiasi qualifica di fortificazione. Infine nel 1815 passò allo stato e poi ad alcuni privati. Le fortificazioni annesse al castello, alcune delle quali risalgono al II secolo a.C., iniziando dal lato occidentale e raggiungendo i gradoni Madonna della Lama e la chiesa di Sant’Andrea de Lavinia, scendevano fino all’angolo inferiore della via delle Botteghelle. È interessante notare che in questa mutazione si aprivano tre porte: la Nocerina, quella chiamata di Mare e quella presso il foro chiamata Rotese perché conduceva all’antica cittadina di Rota, oggi Sanseverino Nel ‘500 le mura furono allargate ancora fino a misurare un’estensione di circa quattro chilometri comprendendo anche la porta di Ronga e quella di Busanola, dal nome dell’omonimo torrente. Alla metà del secolo mura e torri furono in parte demolite e in parte incorporate in altre costruzioni; le porte furono abbattute ad eccezione della Porta Nova. Ricordiamo inoltre il castello Terracena ampiamente parlato in questo Blog.


© 2008 Salerno 15 ottobre 2008 racconto postato da alessio.101 si ringrazia l’editore, La Botteguccia − Napoli che ha concesso di trarre l’articolo dal testo di fu Vittorio Gleijeses, per tanto tutti i diritti restano riservati all’autore del testo.


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(001) – I Castelli in Campania: Le fortificazioni – Salerno, il Castello Arechiultima modifica: 2008-10-15T02:44:25+02:00da airone2124
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