Sebastiano Grasso: Lettera di gennaio – Il tuo pube nero befferà la morte


  • Sebastiano Grasso: Lettera di gennaio – Il tuo pube nero befferà la morte.

  • Salerno 23 Settembre 2008 postato da by alessio.101


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LETTERA DI GENNAIO

Raddopiare il tempo che ci resta: siamo in due, adesso, a vivere (è la vigilia di qualcosa). Una doppia carezza, un doppio scatenarsi di pubi. Talvolta, all’imbrunire, i tuoi endecasillabi accompagnano le note di una sonata per maschere lombarde e ruggini siciliane sempre più ossidate, nel paesaggio intorno che tollera un doppio errore, carico d’ombre.


SEBATIANO GRASSO

Sebastiano Grasso nasce nel 1947, pubblica la sua prima raccolta di versi nel 1964 e poi ne verranno altre presentate da Carlo Bo. La sua poesia d’amore nasce forse anche per «raddoppiare il tempo che ci resta». Con questo verso, che ha qualcosa di propiziatorio, si apre la storia di una passione con il fiato sospeso. Gli amanti non sanno ancora se saranno insieme nel futuro, ma insieme divorano il presente e riattraversano il passato. Amore e sesso non vedono la morte: la «beffano», appunto. I giorni e le notti scorrono veloci come i versi di queste poesie. «La loro perfetta scorrevolezza diventa un prodigio» scriveva nel 1973 «The Times Literary Supplement» a proposito de Il giuoco della memoria di Sebastiano Grasso, presentato da Mario Luzi, di cui allora si occuparono anche Pisolini, Prezzolino e Baccelli. Vengono poi La stagione del clown (1978) e Il poeta e il fantasma (1980). esattamente vent’anni dopo l’ultimo libro di versi. Grasso torna con questa nuova raccolta di 50 poesie erotiche, accompagnate da un saggio di Carlo Bo che analizza la sua avventura letteraria. Lasciati «gli ostacolo della primissima maturità» scrive Bo «Grasso ha mutato il tono ancorando la nuova pronuncia a una tavola di sentimenti più concreti meno labili, ma anche taglienti come sa esserlo l’amore e, con l’amore, la tensione del sesso. L’espressione dell’intimità, nella poesia, non è mai né volgare né greve. Ma ora la fretta, l’ansia di una volta è controllata e respinta. C’è un nuovo regime di marcia nei confronti della poesia che continua liberamente il suo flusso, il suo ripetersi per esaltazioni e scoperte».

da uno scritto di Carlo Bo edito da Messaggerie Periodici – Capitolo 1


Nella carta poetica degli ultimi cinquantotto ci sono molti mutamenti, ma quello che colpisce di più è la moltiplicazione all’infinito delle voci e, in contrasto, la mancanza di precisi punti di riferimento. Negli anni Trenta un poeta che avesse dovuto iniziare la sua carriera aveva in mano le cose essenziali e sapeva ciò che avrebbe dovuto dare; soprattutto sapeva quali strade non erano più praticabili. A nessun giovane responsabile, per esempio, sarebbe venuto in mente di ripetere D’Annunzio, tanta era la soggezione nei confronti di Ungaretti e Montale. Oggi, pur essendoci grandi poeti come Luzi o Bertolucci o Zanzotto nessun giovane è disposto a limitare i suoi primi esercizi a questi modelli, peperò diventa per natura aperto e suggestionabile un po’ da tutti, in qualunque circostanza il momento lo ponga. Presa nel suo insieme la situazione risulta molto più ricca ma nello stesso tempo assai più fragile, soprattutto non offre quelle ragioni costanti che cinquantotto anni fa rendevano più affidabile la storia del poeta nuovo. Di qui un orizzonte più ampio, un concerto senza fine dove ciascuno può inserirsi nel momento che ritiene più opportuno, soprattutto senza prendere impegni. E comunque la poesia, rispetto al romanzo, è più libera e le basta un filo di voce, un riflesso minimo per trovare la sua giustificazione. Si aggiunga ancora un altro dato: un tempo le influenze straniere erano limitate; oggi il poeta che comincia il suo lavoro di investigazione e di individuazione si trova davanti un quadro sterminato di offerte e non c’è dubbio che tale ricchezza porta a una riduzione delle possibilità personali; tutto è già stato detto ma non nel senso che un Luzi o un Bertolucci potevano dare alla sentenza di spirito montaliano; no, tutto è già stato tentato in tutti i mondi e modi possibili. Che è poi un’imposizione di livellamento, dal momento che la ricchezza delle proposte è di per sé un’illusione e il poeta giovane – e il giovane poeta secondo Rilke – ne esce frastornato; proprio perché è disponibile a tutto, non fa che chiudersi un fondo patrimoniale, insomma di dare al suo futuro una consistenza.


IL TUO PUBE NERO BEFFERÀ LA MORTE

Un soffio sul volto per muovere un sorriso. La passione dilata la notte e il sonno è tempo rubato allo stupro di te difesa da braccia incrociate. Giorno dopo giorno si scrive una storia con due corpi mentre le ginocchia s’aprono e attendono l’alba che sa di brivido e di nebbia.


© 2008 Salerno 23 Settembre postato da by alessio.101


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Sebastiano Grasso: Lettera di gennaio – Il tuo pube nero befferà la morteultima modifica: 2008-09-23T02:36:56+02:00da airone2124
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