Paestum: Tra l’Architettura dei Templi alla filatura della mozzarella di Bufala (Italy)

Paestum: Tra l’Architettura dei Templi alla filatura della mozzarella di Bufala (Italy)


Descrizione del video:, gli scavi archeologica di Paestum (Italy) autore by DOUBLEGIGGIO ditemi dove treverete altre meraviglie come queste?



Ai margini della piana del Sele, all’inizio del Cilento, s’incontra Paestum, perché a qualche distanza richiama la nostra attenzione le rovine del Tempio di Cerere. Sono un gran portico quadrilungo, con tredici colonne scanalate e senza base in ciascuno dei lati maggiori, e sei in ogni lato minore o fronte. Tutte sostengono l’intero architrave e la trabeazione e, sulle due facciate, frontoni e frontespizi triangolari. Il carattere semplice, severo e grandioso di quest’edificio ci lascia sorpresi di fronte al colossale e magnifico Tempio di Nettuno, che sta a circa trecento metri più avanti, ci fermiamo sorpresi ed entusiasti nel contemplare tale magnificenza, senza tornare nemmeno più a ricordarci di quello di Cerere visitato pocanzi. Il Tempio di Nettuno di Paestum, un edificio colossale di gusto così puro, d’aspetto maestoso e severo, in cui si vedono blocchi di così sorprendenti dimensioni, e che si conserva, con più di tremila anni d’antichità, tanto integro e tanto disposto a durare fino alla fine del mondo, sembra l’emblema dell’eternità, e se l’ignoranza dell’uomo non avesse preso da lui materiali per altre costruzioni, che sono già sparite o che spariranno fra breve, forse sarebbe ancora quale uscì dalla mente dell’architetto che lo costruì. Il tempio di Nettuno è un quadrilatero di circa 51 metri di lunghezza e 21 di larghezza circa che forma un portico, ogni lato minore o facciata consta di sei colonne che quattro uomini si farebbero appena ad abbracciare, scalate, costruite con vari pezzi poggianti, senza base alcuna, sopra un’ampia gradinata di tre scalini quasi coperti dal terreno e dalla vegetazione selvaggia, e terminati in rozzi capitelli, semplici e senza nessuna decorazione, che sostengono ampi e massicci architravi e trabeazioni adornate di triglifi, una cornice risaltata e al di sopra un frontone triangolare d’imponente dimensione. I lati maggiori sono costituiti da quattordici colonne in ognuno, d’uguale forma e grandezza, sostegni integri il loro architrave, la trabeazione e il cornicione. Dentro questo portico, salendo un’alta scalinata, quattro grossi pilastri negli angoli, due colonne un po’ più piccole nei frontoni, e sette ad ogni lato, costituiscono il recinto interiore. Questi pilastri e colonne sostengono anche i loro architravi, e su di loro un secondo corpo di colonne dello stesso stile, benché più piccole, destinate senza dubbio a reggere il tetto, che ormai non esiste più. Paestum è pesante, ma di proporzioni tanto esatte e belle, che la sua pesantezza è eleganza, spariscono nel contemplare l’intera area archeologica che non basterebbe parole per poterla descriverla totalmente. Usciamo dall’area archeologica per recarci in una delle tappe fondamentali della zona, l’allevamento del bestiame, e soprattutto quello bovino che consente all’economia provinciale di costituire la base della sua crescita futura. Nel Cilento e nella Piana del Sele da Battipaglia fino ad arrivare ad Agropoli prevalgono invece le attività agricole casearie con produzioni di latticini>(mozzarelle di bufala).


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Per introdurci in quest’attività famosa fin dai tempi antichi per la trasformazione dal latte di bufala in prodotti caseari abbiamo contattato una delle migliori aziende del luogo, l’Azienda zootecnica “Vannulo” che gentilmente ci ha fornito del materiale di consultazione per la lavorazione di questo famoso prodotto. Iniziamo innanzitutto col dire cosa è la mozzarella. Essa viene classificata come formaggio a pasta filata di consistenza molle, e come saprete, è uno dei formaggi più famosi, reso ancora più famoso da molte preparazioni culinarie e soprattutto dalla pizza.


La Storia


La mozzarella ha una storia antichissima e un’origine incerta. Essenzialmente la sua storia è legata alla comparsa del bufalo in Campania, o più in generale, in Italia meridionale. Alcuni ritengono che tale animale fosse già conosciuto ai tempi dei Greci e dei Romani, e che fosse stato introdotto in Italia da Annibale, altri invece ritengono che fu introdotto nel VII sec. dai Longobardi. Tuttavia di ciò non abbiamo notizie storiche certe e pertanto la sicurezza assoluta non vi è certezza. Notizie certe invece dell’esistenza di tale tipologia di prodotto però le ritroviamo più tardi, nel XII sec, da uno storico della Chiesa Metropolitana di Capua, Monsignor Alicandri, il quale in un documento ufficiale cita testualmente che presso il monastero di San Lorenzo in Capua i frati offrivano come ristoro ai pellegrini un pezzo di pane e una mozza o provatura. Da questa dicitura possiamo capire che in origine la mozzarella altro non era che un sottoprodotto della preparazione della provola (la mozzarella doveva restare nella salsa 24 ore mentre la provola 48), tuttavia essa era un sottoprodotto non per qualità, ma per la sua evidente difficoltà nel mantenere la freschezza durante il trasporto, condizione indispensabile per la mozzarella. Al contrario infatti la provola veniva affumicata in modo da poterla conservare più a lungo. Alle origini pertanto la mozzarella era destinata ad un mercato prevalentemente locale, data la sua deperibilità. Dal 1600 si inizia ad avere notizia delle cosiddette “bufalare”: esse erano delle costruzioni in muratura di forma circolare dove veniva lavorato il latte di bufala producendo caciocavalli, burro, ricotta e , naturalmente, mozzarella. Il termine proprio di mozzarella lo ritroviamo nel XVI secolo, e precisamente nel 1570, citato in un libro di cucina scritto da Bartolomeo Scappi, cuoco della corte papale. Anche se dal 1500 si sente parlare di mozzarelle, non sembra che tale prodotto fosse ampiamente diffuso, infatti la diffusione aumentò solo grazie ad un episodio fondamentale, la costruzione di un impianto d’allevamento di bufale e di trasformazione del latte nella Tenuta Reale, meglio conosciuta come “Reggia di Carditiello”. La mozzarella compare nel mercato verso il 1720 per divenire ampiamente conosciuta a partire dal 1780.


Descrizione del video:, area archeologica di Paestum è un’antica città della Magna Grecia, i cui ruderi formano uno dei principali parchi archeologici d’Europa, riconosciuto, nel 1988, tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Si trova in Campania, nel comune di Capaccio−Paestum, in provincia di Salerno, circa 40 chilometri a sud del capoluogo della provincia (92 a sud di Napoli). È situata nella Piana del Sele, vicino al litorale, nel golfo di Salerno. Autore del filmato by alternativetrevel.



La Produzione della Mozzarella di Bufala


Dobbiamo innanzitutto dire che nel caseificio “Vannulo” viene trasformato solo il latte proveniente dalla stalla aziendale, ove sono presenti circa 300 bufale adulte, pertanto la quantità di prodotto che è possibile ottenere è esigua. La mungitura delle bufale avviene in azienda due volte al giorno, alle 4 del mattino e alle 3 del pomeriggio e il latte arriva al caseificio circa un’ora dopo, quindi all’incirca alle 5 del mattino, trasportato tramite un apposito carro cisterna in acciaio inox, una volta arrivato viene immagazzinato in appositi recipienti che non ne modificano le caratteristiche organolettiche (Tini in acciaio inox) Caratteristiche organolettiche: sono le caratteristiche di una sostanza percepibili direttamente coi sensi (colore, odore, ecc.). La lavorazione della mozzarella avviene in varie fasi.


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1. Il Filtraggio


Prima di essere lavorato il latte deve essere filtrato in modo da far scomparire tutte le eventuali impurità. Inoltre tale latte non viene pastorizzato, questo perché i controlli sanitari effettuati sugli animali, le regolate condizioni igieniche e l’alimentazione controllata ci permettono di poter garantire l’assenza nel latte di eventuali germi patogeni, (l’allevamento è indenne da brucellosi e tubercolosi). , e quindi ci permettono di lavorare il latte crudo, in modo da avere un sapore particolare della mozzarella. La Pastorizzazione: operazione introdotta da Pasteur, che consiste nel riscaldare il latte tenendolo alla temperatura di 63° per circa mezz’ora o alla temperatura di 80–85° per pochi minuti, in modo tale che tutti i germi patogeni vengano neutralizzati senza che il latte subisca sensibili modificazioni nelle sue proprietà chimiche e organolettiche.


2. La Coagulazione


Il latte viene riscaldato fino a raggiungere una temperatura di circa 36–38°, anticamente tale riscaldamento era effettuato tramite aggiunta di latte bollente ma oggi avviene tramite getti di vapore. Una volta che il latte ha raggiunto tale temperatura si aggiunge il caglio. Il Caglio: una sostanza acida, ricavata specialmente dall’ultima delle quattro cavità dello stomaco (abomaso) di ruminanti lattanti. Il caglio è essiccato e salato e si vende in polvere, tuttavia in commercio esso si trova anche liquido e in pasta. Il latte coagula e dopo circa un’ora e mezza si forma la cagliata, che è una massa gelatinosa (miscuglio di grasso e caseina) ottenuta dalla coagulazione della caseina nel latte. La Caseina: è la più importante delle sostanze proteiche o azotate contenute nel latte, che serve a fare i formaggi (oltre alla latte e albumina con cui si fa la ricotta).


3. Rottura e Macerazione della Cagliata


La fase successiva della lavorazione è la rottura della cagliata, che avviene in due fasi: la prima rottura riduce la cagliata in grosse parti e dopo una sosta si procede con la seconda rottura tramite un particolare attrezzo metallico, detto spino. Dopo la rottura la cagliata viene lasciata acidificare sotto siero per almeno 4 ore, in questa fase viene aggiunto, per favorire la maturazione della stessa, del siero innesto naturale (in pratica sono dei fermenti), ottenuto lasciando acidificare spontaneamente a temperatura ambiente il siero della lavorazione del giorno precedente. Questa fase della lavorazione (maturazione della cagliata) è fondamentale per la qualità del prodotto finale e la durata dell’acidificazione rappresenta un fattore che darà un contributo importante alle caratteristiche della mozzarella. La cagliata poi si pone su dei carrelli d’acciaio per favorire la sgocciolatura del siero e dove si completa la maturazione della stessa. Per capire se si è giunti al giusto grado di maturazione della cagliata, ossia al giusto livello di acidità si utilizza un phmetro, oppure si effettua la prova di filatura, essa consiste nel prendere circa 100 gr. di pasta matura, farla fondere in acqua calda e farla filare con l’ausilio di un bastoncino. Se la pasta si allunga in filamenti di circa un metro senza spezzarsi, la mozzarella si può considerare pronta. Questa operazione, apparentemente semplice, richiede in realtà l’esperienza e l’abilità del casaro competente perché è una fase critica della lavorazione. Infatti una cagliata immatura o surmatura produrrà una mozzarella di bassa consistenza e un abbassamento nella resa della lavorazione. Una volta che la pasta è pronta viene tritata in un’apposita apparecchiatura, ed inizia la successiva fase. Il siero rimanente dalla lavorazione, ricco di proteine, sarà utilizzato per la produzione della ricotta. La Ricotta fresca: al siero di risulta dalla lavorazione della mozzarella viene aggiunto del latte crudo. Si aggiunge sale e successivamente, a mezzo di immissione di vapore, si porta il tutto ad una temperatura di circa 90°. A tale temperatura affiora la ricotta che, con apposite schiumarole, viene raccolta e messa nelle fuscelle. Dopo un breve periodo di sgocciolatura, la ricotta viene conservata in cella frigorifera ad una temperatura di 4°.


Descrizione del video:, una riprese eccezionale di Paestum effettuata da una emittente televisiva locale autore del montaggio by pestumtvit le foto sono di Enrico Ursini di Pompei.



4. La Filatura


Questa fase è quella che incide maggiormente sulla consistenza della mozzarella. Consiste nel prendere la pasta che abbiamo tritato con la sminuzzatrice, metterla in un mastello d’acciaio e farla fondere tramite aggiunta di acqua bollente a circa 100°. Poi, utilizzando strumenti tradizionali (bastone di legno) la cagliata è sollevata e tirata fino ad ottenere un impasto omogeneo dall’aspetto lucido, lasciando drenare il siero in eccesso.


5. La Formatura


Essa è l’operazione che ci permette di determinare la porzionatura della pasta. Si prende la pasta filata e la si immerge in acqua fredda, a questo punto sono necessarie due persone che con gesti sapienti vanno a mozzare la pasta stringendola tra il dito pollice e l’indice, ottenendo i pezzi della grandezza desiderata. È proprio l’operazione caratteristica della mozzatura che dà il nome alla mozzarella. In questa fase nascono le varie forme di mozzarelle, tra cui la caratteristica forma di treccia, che si ottiene attorcigliando tre segmenti di pasta. Tutte queste operazioni vengono eseguite manualmente.


6. La Salatura


Tale fase consiste nell’immergere le forme di mozzarella in una soluzione salina al 10–18%, detto liquido di governo. La permanenza della mozzarella in tale liquido permette l’insaporimento della stessa e la conservazione della mozzarella fino al consumo finale. Il liquido di governo è costituito da acqua di filatura, sale e siero acido diluito. La conservazione della mozzarella dipende dalla qualità della materia prima e dalla lavorazione. Generalmente si conserva nel liquido di governo per 3–4 giorni ad una temperatura di 10–15° senza perdere le sue caratteristiche, anche se essendo un prodotto fresco è consigliabile consumarla nel minor tempo possibile.


Provola affumicata: ha la stessa lavorazione della mozzarella,solo che successivamente il prodotto viene affumicato con fumo ottenuto dalla combustione della paglia. La Scamorza: ha la stessa lavorazione della mozzarella fino alla rottura della pasta, poi è effettuata una cottura delle stessa con acqua bollente al fine di amalgamare il tutto. Dopo un processo di acidificazione, viene effettuata la filatura e la pasta viene poi strizzata in modo da farle perdere il più possibile liquido. Poi viene formato il prodotto, che resta in salamoia per alcune ore e infine è conservato in una cella ventilata alla temperatura di 4° centigradi. La Ricotta Salata: ha la stesa lavorazione della ricotta fresca, solo che è ottenuta raccogliendo l’ultimo residuo che affiora dal siero, che non è adatto per essere consumato fresco, perché troppo asciutto. Dopo una fase di sgocciolatura di alcune ore, il prodotto è salato esternamente ed essiccato in maniera naturale. Il Formaggio fresco: il latte è portato ad una temperatura di circa 36°, poi si aggiunge il caglio e il sale. Dopo circa un’ora affiora il formaggio che viene raccolto, messo nelle apposite forme, e conservato in frigorifero a 4°. Il Burro: esso è ottenuto scremando, in un apposito macchinario, l’acqua di filatura, ossia l’acqua calda che viene utilizzata per effettuare la fase di filatura della pasta della mozzarella, infatti questa acqua è molto ricca di grasso. Il prodotto ottenuto è confezionato in panetti di circa 200 gr. e conservato in cella frigorifera.

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7. I Vitelli


In questo settore dell’azienda “Vannulo” troviamo i vitellini da 0 a 3 mesi. È questa una delle fasi più delicate dell’intero ciclo vitale della bufala, e questo sicuramente per vari motivi, tra cui il principale è legato alle caratteristiche dell’animale bufala, la bufala infatti non trasmette al feto le difese immunitarie, pertanto il vitellino dovrà acquistarle in seguito. Basta solo questo a farci capire la delicatezza di questa fase della vita. Già al momento della nascita il vitellino è separato dalla madre, questa è una scelta crudele ma necessaria perché altrimenti se il vitellino fosse nutrito direttamente dalla mamma, anche solo per una volta, questa nel momento in cui esso le venisse tolto, smetterebbe di produrre latte. Il vitellino pertanto è nutrito artificialmente, innanzitutto per i primi 5 giorni della sua vita, gli viene dato il colostro della madre, in modo tale da fargli acquisire le necessarie risorse immunitarie, successivamente viene nutrito con latte, non di bufala, ma di mucca, e il motivo è semplicissimo: sicuramente il latte di bufala è molto più costoso e poi, è necessario per la produzione di mozzarella. Dovendo rispettare i canoni dell’agricoltura biologica, i vitellini non vengono vaccinati pertanto agli inizi la mortalità era elevatissima, addirittura del 70%. Questo problema era gravissimo e per porvi rimedio sono state considerate nel corso degli anni varie soluzioni. Innanzitutto si è pensato di isolare i vitellini in recinti singoli in modo tale che se qualcuno di essi avesse avuto dei problemi non si correva il rischio che potesse passarli anche agli altri, questa soluzione era però sicuramente contro natura, e non rispettava i canoni dell’agricoltura biologica, i quali sanciscono che è necessario rispettare anche e soprattutto l’equilibrio psicologico dell’animale, facendolo vivere non isolato, ma in sintonia con tutti i membri del gruppo. Il miglioramento delle condizioni igieniche, e una accurata alimentazione hanno poi permesso la diminuzione della mortalità, anche se questa resta comunque molto elevata, attualmente infatti resta intorno al 50%. Un problema importante che si presentava era poi come alimentare efficacemente il vitellino, dovete sapere infatti che esso dovrebbe ricevere, per una corretta alimentazione, una razione di latte giornaliera pari a 7 litri. Il problema era come controllare che tutti i vitellini, che come vi ho detto, vivono insieme e non separati, avessero ricevuto la spettante razione giornaliera. Tutto ciò è stato risolto munendo i vitellini di un apposito chip ed utilizzando una particolare allattatrice automatica, questa, tramite il chip, riconosce il vitellino, e dispensa in modo frazionato la sua razione giornaliera. Nel corso dei secoli le tecniche di allevamento si sono perfezionate, evolute, e oggi l’allevamento delle bufale è un settore in grande espansione. Gli animali sono tenuti in una forma di allevamento o stalle e al posto delle paludi ci sono dei paddocks con laghetti artificiali e tettoie per proteggerli dalla calura estiva. Benché la produzione di latte di bufala si prolunghi per l’intero corso dell’anno, la sua distribuzione mensile varia: si nota infatti una maggiore disponibilità nei mesi autunnali ed invernali e una forte contrazione in quelli estivi. Questo fenomeno dipende dalle caratteristiche riproduttive della bufala, che trova le condizioni più favorevoli per la sua riproduzione nel semestre agosto–febbraio. Poiché il periodo medio di gravidanza è di 310 giorni, risulta che i parti si concentrano prevalentemente, nel semestre giugno–dicembre, e ciò spiega l’aumento di disponibilità di latte nella stagione autunnale e invernale. Oggi esistono delle tecniche vantaggiose per operare la destagionalizzazione e garantire il parto di almeno il 20−30% delle bufale in primavera.


8. Azienda ed Agricoltura Biologica


L’azienda nasce agli inizi del 900, ed in principio era solo rivolta all’allevamento delle bufale. Nel 1988 si decise di trasformare in azienda il latte prodotto e così nacque il caseificio, a cui seguì poi nel 2000 l’apertura della yogurteria. Da sempre l’obiettivo primario della politica aziendale è stato la ricerca della qualità, andando a garantire un prodotto di standard molto elevato e in alcuni aspetti addirittura unico nel suo genere (in effetti il nostro prodotto è uno dei pochi che vanta della certificazione (I.C.E.A.) Tutti gli sforzi aziendali sono rivolti a questo: garantire la massima qualità, per questo si trasforma in sede solo ed esclusivamente il latte aziendale, e perciò la quantità di prodotto che è possibile ottenere è limitata. Inoltre la vendita del prodotto stesso è effettuata solo al dettaglio e solo in azienda, questo in modo tale da controllarne la qualità in tutte le fasi del passaggio produttore/minus;consumatore. Garantire un prodotto di qualità vuol dire sì controllare tutti gli aspetti della produzione, ma vuol anche dire sperimentare soluzioni innovative, ad esempio tecniche di allevamento innovative, sempre alla costante ricerca del miglioramento continuo. E da questo punto di vista la nostra azienda è stata quella che più di tutte ha sperimentato sull’animale bufala.


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Nei terreni aziendali troviamo: ERBA MEDICA: essa resta in coltura in un terreno per un periodo di 4 anni, non assorbe azoto N2 dal terreno ma solo dall’atmosfera, quindi è importante per la rigenerazione del terreno stesso, inoltre, poiché ha un apparato radicale abbastanza sviluppato, serve anche a controllare la presenza degli infestanti. È utilizzata come:

erba fresca, che viene data alle bufale per migliorare il sapore della mozzarella e il fieno;

LOIETTO

In altri terreni aziendali invece si coltiva:

IL MAIS

L’ORZO

L’AVENA

IL TRITICALE

Quest’ ultimo vengono dati agli animai in asciutta come insilato. Il mais, invece, è dato agli animali in produzione perché è più energetico, anche se si hanno delle restrizioni su quanto mais dare come razione giornaliera. Secondo i dettami dell’agricoltura biologica infatti, la dieta degli animali deve essere variata, inoltre non si può eccedere con la somministrazione di prodotti insilati ma la dieta deve essere accuratamente studiata e bilanciata in ogni suo elemento. Gli animali vengono curati solo ed esclusivamente con rimedi omeopatici, non vengono utilizzati ormoni, e le razioni alimentari sono soggette a numerose restrizioni nell’utilizzo di alcuni componenti, ad esempio gli insilati, che normalmente rappresentano la grossa percentuale nelle normali razioni, sono limitati nell’utilizzo ad una percentuale del 20% sulla razione giornaliera, ed inoltre è vietato l’uso di integratori vitaminici di origine non naturale. Inoltre un’altra delle caratteristiche dell’alimentazione aziendale è fornire alle bufale ogni giorno almeno 25 Kg di erba fresca in modo tale da dare al latte il giusto aroma. Per la concimazione dei terreni poi non può essere utilizzato alcun prodotto chimico di sintesi, ma solo prodotti naturali come ad esempio il letame. Non si utilizzano diserbanti (è praticata la zappettatura del terreno), né pesticidi. Per risolvere i problemi pertanto vengono utilizzati solo metodi naturali, a tal pro una cosa interessante e curiosa è farvi notare come nell’azienda sia stato risolto in modo brillante il problema delle mosche. Le mosche adulte vengono catturate ed eliminate tramite trappole sessuali, le quali hanno una forma ad imbuto tale da attirare la mosca al loro interno non permettendole più di uscire; mentre l’eliminazione delle larve si è ottenuta tramite l’utilizzo di insetti utili, detti imenotteri. Essi sono piccoli insetti assolutamente non dannosi né fastidiosi per gli animali e per l’uomo, i quali depongono le loro uova all’interno delle uova di mosca, andandole a distruggere.


Caseificio “Vannulo”

Proprietario: Antonio Palmieri
Via Galileo Galilei, 10
Località: Capaccio Scalo
C.A.P. 84040 (Sa)
Salerno (Italy)
Tel. +39–0828–724765
Fax +39–0828–725245
http://www.vannulo.it/produzione.html


Articolo postato sul Blog di http://www.sportcinema.it nella categoria: I paesi più belli della provincia di Salerno; lì 16 febbraio 2009 by alessio.101, Salerno.



Paestum: Tra l’Architettura dei Templi alla filatura della mozzarella di Bufala (Italy)ultima modifica: 2009-02-16T02:34:31+01:00da airone2124
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