Napoli e la storia delle fontane: gli acquedotti e le sorgenti di Napoli – Fontana di Spina Corona detta delle «Zizze» Le Fontane di Napoli, capitolo 5


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  • Napoli e la storia delle fontane: gli acquedotti e le sorgenti di Napoli.

  • Fontana di Spina Corona detta delle «Zizze».

  • Fontane di Napoli – Capitolo 5.

  • Salerno 3 gennaio 2008 by Aurelio De Rose, edito dalla Newton Compton editori s.r.l.


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Fontane Magiche di Barcellona.


Passeggiando per il corso Umberto, subito dopo l’Università proseguendo per un altro isolato, si va in via Francesco Denza, alla destra di questa, ci si trova in via Giuseppina Guacci Nobile, dove addossata al muro perimetrale della chiesa, si trova la “fontana di Spina Corona” che il popolo battezzò delle “Zizze”. La chiesa, che era denominata anche dei Trinettari, perché in quella strada si lavoravano trine di seta, fu eretta nel 1354 da alcuni nobili del Seggio di Nilo e rifatta poi nel 1623 per volere del vicerè duca d’Alba don Antonio Alvarez di Toledo, trasformata successivamente nel 1850 in Arciconfraternita della Purificazione e restaurata nel 1870 da Errico Morrone. L’opera originale della fontana andata distrutta era attribuita allo scultore Giovanni Merliano da Nola (1488–1558) che intorno al 1540, la restaura per volere del viceré don Pedro di Toledo il quale fa apporre anche lo stemma “Plus ultra” di Carlo V, quello a scacchi del vicerè e quello bipartito rosso e oro della città. In merito il Celano dice: «Il vero si è, come per antica tradizione, che fosse stata abbellita da Don Pietro, e che il monte e la statua fossero antichissimi, fatti nel penultimo ed undicesimo incendio accaduto nell’anno 1139, e forse “prima ancora”; e si congettura dal vedersi il fuoco uscir dai lati e non dalla cima del monte, perché l’eruzione della cima solo si è veduta nel duodecimo incendio accaduto nell’anno 1631» (Don Pedro Giron duca di Ossuna, illustre viceré di Napoli, comandò che a Giovan Leonardo Pisano, per la ribellione da lui promossa e come autore dell’omicidio e del saccheggio della casa di Vincenzo Storace, decurione del popolo, fosse abbattuta e distrutta la casa, e l’area fosse cosparsa di sale, pubblicata la pena, e le teste della maggior parte dei complici fossero conficcate in questa pietra ed egli stesso posto nell’albo dei nemici della patria. Anno del Signore 1585). Dicevamo la restaura; infatti sul luogo già esisteva una fontana, come è testimoniato anche dalla Platea delle Acque del 1498 nella quale si legge che: «la fontana a cavalletto alla casa di Francesco de Calmiere a Santa Caterina della Corona, have uno carlino d’acqua imbrunata, se piglia l’acqua del sopraditto puzzo (di S. Marcellino), et passa sotto la grotta per dentro la casa di Mastro Mazzeo d’Affitto». Inoltre è ricordato da un manoscritto di B. Capasso e dalla indicazione che ne fa il Parrino che nella nuova guida del 1725 dice che: «la fontana esisteva sin dal 1139 e probabilmente prendeva il nome di un quadro collocato sull’Altare maggiore della chiesa che rappresentava un Crocifisso il cui sangue è raccolto in un vaso». Al restauro effettuato da Giovanni da Nola, seguirono poi quelli del 1870 che come racconta il Conforti furono molto contestati. Successivamente ne vennero effettuati altri come quello nel 1920 da parte dello scultore P. Cerino, e questo avvenne quando dopo essere stata rimossa, in seguito ai lavori del Risanamento, venne nuovamente ricollocata nel luogo originale. Nel 1925 poi fu stabilito di trasferire la statua della sirena, dalle cui turgide mammelle sgorgava l’acqua, al museo di S. Martino, e al suo posto si decise di inserirne una copia per la quale si diede incarico allo scultore Achille d’Orsi che la rifece. La collocazione della nuova sirena avvenne quindi nel 1931, quando furono effettuati anche dei lavori di pulitura. Nella descrizione dobbiamo dire che la fontana è in marmo a forma rettangolare, adornata da ghirlande, oltre che dagli stemmi vicereali e da quello della città descritti. Ai due lati della vasca sono poste due lastre in marmo con lo stemma di Carlo V tra colonne d’Ercole e fregi. La sirena è posta allo sommità del Vesuvio nell’atto di spegnere con l’acqua che fuoriusciva dalle mammelle, i fuochi del vulcano sulle cui falde sono scolpiti rivoli di lava insieme ad un violino. Al di sopra vi era posta una tabella in marmo con incise:

DUM – VESEVI – SYREN (A) INCENDIA – MUL (C) ET

Mentre la Sirena addolcisce l’incendio del Vesuvio che il Conforti dice: «fatta incidere da don Pedro di Toledo» che voleva alludere alle frequenti ribellioni dell’infiammante popolo napoletano, per reprimere le quali si invocava la sirena Partenope. Anche questo racconto termina, così come tutte le belle storie con i ricordi dei tempi che furono tralasciate dagli antichi letterati, nel sesto capitolo dell’autore Aurelio De Rose sarà dedicato alla “Fontana della Scapigliata”.


Eccone alcuni righi d’apertura: «Ancora lungo corso Umberto poco prima di giungere alla piazza Garibaldi dal lato sinistro percorrendo via Egiziaca a Forcella, poco dopo, in un piccolo slargo, nascoste tra le macchine, si vedranno due fontane. La prima eretta il 1539 e il 1541 per volere…»


Fontane Magiche di Barcellona.


L’argomento è stato tratto dalle “Le Fontane di Napoli” © 2008 by Aurelio De Rose edito dalla Newton Compton editori s.r.l.


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Napoli e la storia delle fontane: gli acquedotti e le sorgenti di Napoli – Fontana di Spina Corona detta delle «Zizze» Le Fontane di Napoli, capitolo 5ultima modifica: 2008-09-18T13:02:30+02:00da airone2124
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